Carolina sbarca a Londra il 7 luglio 2005. Poco dopo il suo arrivo esplodono quattro bombe, tre sulla metro e una su un bus. In una città attanagliata dal panico e dal caos per l’attacco terroristico, lei è venuta a cercare il padre, che non vede da quando era piccola. Con in mano un biglietto di sola andata.
«Per me, Londra era trovare e conoscere mio padre», ci dice seduta tra i suoi disegni nella galleria dove lavora, il vestito elegante pericolosamente vicino alla pittura che cola. Lei sembra non farci caso.
Carolina aveva immaginato il suo viaggio molto più semplice di quanto si sarebbe rivelato poi: voleva andare, bussare alla porta del padre e poi vivere un po’ con lui, per sistemarsi in una città dove avrebbe potuto mettere a frutto la sua vena artistica. Ovviamente, nulla andò come lei si aspettava.
L’incontro con il padre è, a dir poco, deludente. Trovandosi lui in una situazione emotiva ancora più complicata di quando aveva lasciato la famiglia di Carolina, non può essere un appoggio per lei, in nessun senso. Carolina si ritrova sola, giovane pittrice di diciassette anni, in una città che conosce poco o nulla. Girando per la città, si ritrova in uno squat, un palazzo occupato. Osserva le esibizioni, parla agli organizzatori dei propri quadri e si organizza per esporre. Mentre discutono, vede scendere dei ragazzi in pigiama dagli altri piani, e scopre che molti altri artisti abitano là. Lei cercava un appoggio, e dopo pochi giorni si ritrova a vivere con loro.
«Questa è stata la Londra più difficile, eppure la più magica». Carolina passa i primi mesi nello squat. L’ambiente è quasi idilliaco: passano artisti, creativi, guru, incluso uno sciamano colombiano, che creano e scambiano idee nello spazio occupato. Sono mesi splendidi, ma a un certo punto lei deve tornare in Italia per qualche settimana. Quando si ritrova a Londra tempo dopo, scopre che la polizia ha messo i lucchetti all’edificio e lei non ha idea di dove siano finiti i suoi amici, le sue opere, nemmeno i suoi vestiti.
Con molti altri squatter del palazzo sgombrato si sistemerà in un multipiano che alterna appartamenti di artisti a situazioni di degrado terrificante. La mattina Carolina esce per andare a studiare per la maturità passando tra spacciatori di eroina e prostitute. Il pomeriggio e la sera lavora tra un caffè e un pub. Nel frattempo continua a dipingere e ad esporre, nella speranza di avere successo. Quando finalmente riesce a vendere il suo primo quadro oltre le mille sterline, intuisce che qualcosa sia cambiato. Da quel momento non ho più pensato “ci provo” ma “lo faccio”. E non ho voluto fare altro.
Ora Carolina è una pittrice di un certo successo, che porta i propri lavori in giro per l’Inghilterra, a New York e Los Angeles. Dipinge ed espone soprattutto a Shoreditch, proprio a due passi dalla City. Paradossalmente, trovandosi in una zona al confine fra un’area di Londra ancora contrassegnata da un certo disagio e quella dove batte il cuore pulsante della finanza, non è improbabile che nell’atelier dove dipinge e dove ci sta raccontando la sua storia, possa entrare un barbone e poco dopo un milionario.
La sua tecnica più peculiare consiste nel dipingere a partire dalle macchie che crea spargendo inchiostro, ma anche tè o caffè, su una tela bianca.
— Foto: Carolina Maggio a lavoro nella galleria Lollipop a Shoreditch.
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